Spalletti politologo da bar (contro Israele)

· 14 Ottobre 2024


Cari ascoltatori, la competenza non è più una virtù; non lo è da anni, l’uno vale uno dei grillini, la rivendicazione fiera di non fare del principio di competenza il baricentro dell’azione politica è stato solo il sintomo più eclatante di questo fenomeno strutturale della nostra società. Ce lo ha ricordato il commissario tecnico della Nazionale di calcio Luciano Spalletti che nelle ultime ore si è improvvisato geopolitologo, cosa di cui avremo fatto volentieri a meno. L’Italia, impegnata nella Nation League, stasera giocherà a Udine contro Israele, ed è prevista la solita cagnara di sinistra che non sarà solo anti-israeliana, come abbiano già potuto vedere dai materiali diffusi durante le altre recenti manifestazioni, sempre in bilico sull’antisemitismo.

In questo clima se n’è uscito Spalletti. Il quale è un ottimo artigiano del pallone: dopo una carriera di buon livello ha vinto uno scudetto con il Napoli, è diventato tecnico degli azzurri e anche se agli scorsi Europei ha rimediato la peggior figura della Nazionale a memoria d’uomo – dove praticamente non è scesa in campo e ha fatto sembrare dei campioni anche gli svizzeri – ha avuto la fortuna di rimanere ugualmente in sella. Questa circostanza deve averlo entusiasmato, tanto da spingerlo, piuttosto che accigliarsi su 4-4-2 e falso nueve, a rilasciare questa dichiarazione un filo fuori competenza: “Si va a giocare la partita con la speranza di convincere sempre qualcuno in più, perché io penso che ci siano molti israeliani che non vogliono la guerra e noi dobbiamo convincere sempre qualcuno in più che questa è una cosa che deve finire”.

Ora, per carità, questa incursione in un mondo alieno può indicare un buon sentimento di fondo: ma un conto sarebbe dire, per esempio, che il calcio unisce e dimostra che la contrapposizione bellica non è l’unica chiave dell’interazione umana. Invece l’ha buttata sull’analisi geopolitica, dove la premessa che campeggia su tutto il ragionamento di Spalletti è che se c’è la guerra in Medio Oriente è colpa degli israeliani e che qualcuno convince gli israeliani a fermarsi, in Medio Oriente torna l’Eden. A Spalletti sfugge del tutto che uno Stato grande quanto la Lombardia è circondato da canaglie islamiche che vogliono cancellarlo dalla faccia della terra, per lui bisogna semplicemente piantarla con questa moda irritante di difendere i propri cittadini e la proprie libertà.

Non solo: l’affermazione “tanti israeliani non vogliono la guerra” va contro tutti i sondaggi recenti: Netanyahu era un premier in difficoltà, molto contestato (ricordiamo che Israele è una democrazia), e invece oggi è molto sostenuto, perché Israele sta combattendo una guerra esistenziale, per la sopravvivenza degli ebrei in quanto ebrei. Ma Spalletti ne è all’oscuro, e anche della storia del Novecento, e in questa confusione dimentica di dire che, perché la guerra finisca, bisognerebbe che i gentiluomini di Hamas, di Hezbollah, i loro mandanti totalitari di Teheran, si convincessero che non è una buona pratica entrare in uno Stato, nelle case dei civili e sgozzarli, decapitare i bambini, seviziare le donne, prenderli in ostaggio.

Spalletti, lasci stare, è già tanto se fa giocare benino le sue squadre di calcio, la nostra Nazionale. Di geopolitologi ne abbiamo fin troppi.


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