Compitino e battutine: Benigni non c’è più

· 15 Febbraio 2025


Cari ascoltatori, Carlo Conti e gli organizzatori del Festival si sono giocati la “carta sorpresa”: la sorpresa più telefonata di tutti i tempi, perché il superospite Roberto Benigni si è visto a Sanremo quasi più volte dei cantanti. Comunque, uno si aspettava che arrivasse e facesse il Benigni: il satiro corrosivo difensore delle idee mainistream progressiste, il piccolo diavolo che ribalta il tavolo con lo sberleffo sempre dalla parte giusta; oppure (dire a Berlinguer ti voglio bene era più facile che dirlo oggi a Elly) il Benigni più recente, il pedagogo che declama Dante e gioca al maestro di pensiero, il predicatore con pretese intellettuali, un po’ zoppe, ma tant’è.

Ebbene non abbiamo visto nessun Benigni che conosciamo, ma un impiegato che svolge un tristo, prevedibile e trattenuto compitino: non ha rinunciato all’allusione, alle battute più o meno politiche, ridotte a gioco di parole da scuola dell’obbligo: “Ho visto Marcella Bella, le ho detto Bella ciao, è successo un casino! Per par condicio ho dovuto salutare anche i Neri per Caso”: siamo al livello-Vanzina, che da Benigni uno non si aspetta. Tutto molto soft, ammiccante, senza un guizzo, tipo che vincerà Giorgia e ce la terremo per molti anni: con malinconia ma senza irriverenza. E alla fine ha chiuso il bigino del bravo intrattenitore con il suo celebre “Inno del corpo sciolto”, ma censurato, sfregiando da solo una delle performance migliori nella sua carriera: una rivendicazione intelligentemente oscena, liberatoria e  anarcoide, dell’atto che accomuna tutti gli umani, il defecare, in un ribaltamento carnevalesco di alto e basso, da satira vera.

Ebbene, Benigni su suggestione di Conti ha recitato tutta la tiritera che non voleva cantarlo e poi lo ha fatto, ma senza pronunciare la parola chiave, così distruggendo il suo testo più corrosivo come un alunno che vorrebbe fare la marachella ma poi si spaventa perché potrebbe essere ripreso dalla maestra. Questa è la sintesi perfetta della rinunciabile performance di Benigni a Sanremo.

Allora, pensandoci, questa è la vittoria di Carlo Conti “il normalizzatore”, che Vittorio Feltri qualche giorno fa ha definito a Radio Libertà “impiegato della Cariplo”: il conduttore è riuscito a disinnescare perfino Benigni, a fargli dire due battutine sul fascismo senza nominare il fascismo, a fargli censurare il suo inno, insomma a normalizzarlo. Sì, il vincitore del festival è Carlo Conti.


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